napoli castelloI dati di vendita delle moto nuove parlano chiaro e senza sciorinare percentuali e statistiche vi diciamo che negli ultimi 3 anni a Napoli si è perso il 90% sul nuovo, e dopo un leggero andamento positivo anche l’usato è in sofferenza. Il parco circolante in città è sempre vasto, ma molti sono veicoli di oltre 10 anni e chi ha la moto la tiene ferma in garage senza polizza RC e va in giro magari in bicicletta. Da anni analizziamo il fenomeno con commercianti, utenti e addetti al marketing e comunicazione e la conclusione sembra essere sempre la stessa: effetto crisi economica. Ma c’è anche un aspetto che molti non considerano e che cercheremo di spiegare nelle prossime righe. Quello che abbiamo notato negli ultimi anni e che la lunga storia e tradizione motociclistica che ha infervorato i cuori di tanti napoletani negli ultimi 40 anni, oggi non ha più seguito, anche a causa di una mancanza di attenzione da parte dei giovani napoletani.

cross epoca napoliNapoli è stata il fulcro negli anni ’60 della cultura dei vespisti e del fascino delle moto inglesi, poi sono arrivate le giapponesi che sfrecciavano per il lungomare di Via Caracciolo. Dagli anni ‘7o fino ai ’90 c’è stata poi una lunga parentesi dedicata al fuoristrada, che ha portato alla ribalta nazionale tanti piloti napoletani, non li citiamo per tempo e per timore di scordarne qualcuno, visto il folto numero. Ancora oggi sono tanti i praticanti di motocross ed enduro a Napoli e in Campania e qualcuno ben figura anche a livello nazionale. Dal ’90 ai primi del 2.000 si è poi sviluppata la passione per la velocità, che ha trascinato migliaia di utenti verso le moto specialistiche, affollando i piccoli impianti presenti nella regione. Proprio grazie a questa ondata di successo è nato STAR BIKERS che dal 2001 ha cercato di alimentare ancor di più questa passione, stimolando il desiderio verso un oggetto capace di regalare fortissime emozioni.

20.000 pieghe 2012 foto web  00007Ebbene a tutto questo non sembra ci sia stato un degno seguito. I giovani napoletani vedono la moto come un oggetto irraggiungibile e quindi ci rinunciano. Lo vedono così per alcuni motivi che abbiamo analizzato. Il primo è senza dubbio il fatto che la maggior parte di loro non lavora, è precaria e pensa di non poter sostenere il costo d’acquisto e di gestione di una moto. E’ chiaro che con questi presupposti è difficile supportare la gestione di una moto, ma facendo analisi mirate sull’acquisto ad esempio di un buon usato (oggi con 1.500-2.000 euro si può accedere ad un ottimo veicolo di seconda mano) e operando con parsimonia e saggezza si può anche pensare di sostenere i costi di gestione. Certo se le polizze RC fossero meno care e più a dimensione reale sarebbe più semplice, ma questo è un altro capitolo.

nortonC’è poi un altro fattore: influenzati da ansie e timori i genitori tengono lontano dalla moto i figli convincendoli che sia pericoloso ed inutile perseguire questa passione. Dai 14 anni ci si potrebbe avvicinare ad un cinquantino e iniziare a calcare i primi passi sulle due ruote, ma se i genitori non vogliono non c’è molto da sperare che non aspettare di crescere e nel frattempo vivere di riflesso la moto, documentandosi e seguendo varie attività, magari frequentando i moto club più vicini. C’è poi un altro aspetto ancora più seccante e fastidioso. La moto a Napoli sembra non essere più di moda! Una buona fetta di utenti che si avvicinavano alle due ruote lo facevano proprio per un fatto di moda, seguendo i diversi stili che di volta in volta si susseguivano. In molti si sono poi lasciati appassionare e hanno continuato a vivere la moto non più con spirito modaiolo ma come status. Anche questo faceva numero e dava contenuto al settore ma ora non è più così. I giovani anche squattrinati preferiscono la tecnologia, anche passiva, al piacere di vivere piacevoli momenti in sella ad una moto. D’altronde basta fare un giro per la città, li vedi tutti camminare con le teste basse inchiodati al cellulare di ultima generazione e magari salire sull’autobus senza i soldi del biglietto, ma questa è un’altra storia. 

Lello Vaccaro